lunedì 12 novembre 2012

Articolo tratto da IL MATTINO DI PADOVA del  5 novembre 2012.

Pallone mio non ti amo più. Già cancellate 50 squadre.

Playstation e internet tengono lontani i ragazzini dai campi di allenamento Nelle ultime 6 stagioni registrato un calo del 20% di iscrizioni nei tornei giovanili

di Stefano Volpe

PADOVA. Cosa succede allo sport più amato in Italia? Una crisi senza precedenti sta investendo il calcio a tutti i livelli. Lo scadimento della serie A è sotto gli occhi di tutti, le nazionali azzurre giovanili collezionano delusioni, i vivai sono trascurati sempre più. E anche alle nostre latitudini il pallone si sta sgonfiando senza soluzione di continuità.

Il crollo. Nelle ultime sei stagioni, dal 2007/2008, soltanto nel campionato provinciale di Padova sono sparite la bellezza di 50 squadre nelle tre categorie giovanili principali (Giovanissimi, Allievi e Juniores). Un’enormità considerato il limitato raggio d’azione di cui stiamo parlando e il brevissimo arco di tempo. In appena 6 anni da 281 formazioni iscritte si è passati a 231, per un calo del 18%. Un crollo costante e graduale che investe appena i Giovanissimi, si abbatte notevolmente sugli Allievi, fino ad arrivare quasi a dimezzare le squadre Juniores. Quest’ultimo campionato (che per i professionisti corrisponde alla Primavera) in sei stagione ha perso addirittura due gironi, passando da sei a quattro raggruppamenti: 76 le squadre iscritte nel 2007, appena 53 quelle che hanno iniziato da un mese il campionato. Un calo che supera il 30 %. Non va molto meglio agli Allievi, che passano dalle 98 alle 77 formazioni (-21%), mentre i Giovanissimi tutto sommato contengono la crisi perdendo soltanto sei squadre (da 107 a 101, -6%). Un dato certificato anche dalle tante rinunce (dieci tra Giovanissimi e Allievi) arrivate a fine estate, quando gli organici dei gironi erano già stati compilati, e che hanno costretto (come sta accadendo sempre più spesso negli ultimi anni) la Figc a rivedere la composizione dei tornei.

Federazione serena. In via Savelli, quartier generale della Figc padovana, il dato non sorprende più di tanto. Il delegato Giulio De Agostini prova a farsi forza con i tesseramenti in leggero aumento: «Il movimento ha accusato la crisi, ma siamo sani e guardiamo con ottimismo al futuro», spiega. «I tesserati per la stagione 2011/2012 erano 14.900, contro i 14.000 dell’annata precedente. Per il campionato che è appena partito i dati sembrano ricalcare questo trend e potremmo anche raggiungere i 15.000 tesserati». Buona parte del merito, come conferma lo stesso De Agostini, va alla crescita delle categorie riservate ai più piccoli. Ma è davvero una buona notizia per il futuro? Negli ultimi anni, infatti, sono state riformate le categorie Piccoli Amici, Pulcini ed Esordienti, aumentando il numero dei tornei. Se quindi tanti bambini provano ancora a dare due calci al pallone per avviarsi allo sport, il dato incontrovertibile è che sono sempre meno i ragazzi che continuano a coltivare questa passione.
«È un dato sorprendente, visto che il movimento padovano è trainante nella nostra regione», analizza il coordinatore Regionale del Settore Giovanile e Scolastico Giuseppe Ruzza, candidato alla presidenza della federazione veneta. «Il calo di formazioni, però, va di pari passo con la crisi economica che stiamo attraversando. Soprattutto a livello giovanile il nostro sistema si sorregge grazie al volontariato. Tanti dirigenti svolgono questo lavoro solo per passione. Ma come si fa a seguire ancora questa passione se, ad esempio, si è appena stati messi in cassa integrazione?».

La crisi. La crisi economica è da più parti indicata come causa principale del crollo di squadre iscritte. Un circolo vizioso che parte dal calo degli sponsor e costringe i dirigenti delle società ad aumentare le quote d’iscrizione per i baby calciatori, fino a mettere spalle al muro numerose famiglie, le quali non possono permettersi spese extra onerose per lo svago dei propri figli. Ad Abano molti genitori hanno protestato per l’aumento delle quote d’iscrizione alla società neroverde che da 300 euro annuali è passati a 380 per il primo giocatore e dai 100 euro iniziali per il secondo si è arrivati a quota 280. Una mazzata per i genitori che hanno due figli iscritti, anche se in alcune realtà le quote arrivano a sfiorare gli 800 euro.

Fusioni. Si è visto già a livello di prima squadra: molte società che non riescono a sopravvivere si fondono con un altro club dando vita ad unica compagine. Una necessità che ha preso piede anche a livello giovanile, dove alcune società, pur mantenendo le rispettive prime squadre, si alleano a livello di settore giovanile, creando formazioni uniche tra i ragazzi rimasti. È successo, ad esempio, a Ponte San Nicolò, con i patti stretti tra i dirigenti di Colombo, Rio e Voltaroncaglia. «È difficile per società minori come le nostre tenere il passo di quelle più blasonate», spiega il responsabile del settore giovanile del Rio, Valentino Canova. «La forbice si sta allargando sempre più e per restare in vita dobbiamo fare i salti mortali».

Generazione Playstation. Ma le tasche sempre più vuote degli italiani non spiegano tutto e la conferma arriva dallo stesso Canova: «Trent’anni fa per un ragazzino esisteva solo il pallone. Ora qualche bambino, già a 7 anni, arriva all’allenamento con il cellulare in mano. Tra internet e Playstation, ci sono troppi vizi e svaghi, la cultura è radicalmente cambiata e a variare sono anche le famiglie. Un gran numero di ragazzi sono figli di genitori divorziati e a lungo andare sono costretti ad abbandonare la squadra, sballottati come sono tra mamma e papà».

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